Se noi di #IoLaButtoLì diciamo plastica quali sono i primi oggetti che ti vengono in mente? Probabilmente bottiglie, sacchetti, utensili e contenitori di ogni tipo, probabilmente anche giocattoli e componenti dei nostri smartphone, computer e televisori.
…E i tessuti?
Forse non hai pensato subito ai vestiti, ma nel nostro guardaroba e nei tessuti che abbiamo in casa (dalle tende ai tappeti) c’è una percentuale significativa di plastica. Dal 1940 ad oggi la presenza di fibre sintetiche (derivate dal petrolio) nei prodotti dell’industria tessile è andata aumentando e negli anni ‘90 il poliestere ha superato il cotone come fibra più usata nella produzione tessile.
Secondo i dati riportati dal sito dell’Agenzia Europea dell’ambiente il tessuto sintetico costituisce il 60% del materiale di cui è fatto il nostro abbigliamento e il 70% della nostra biancheria domestica.
La fibra sintetica più comune e diffusa è proprio il poliestere (nel 2018 ne sono stati prodotte circa 55 milioni di tonnellate), seguita dal poliammide, più noto come nylon.
Si stima che annualmente nell’Unione Europea ogni cittadino produca in media 11 kg di rifiuti tessili, di cui ⅔ costituiti da fibra sintetica.
Questo tipo di fibre impattano negativamente sull’ambiente durante tutto il loro ciclo di vita, dalla produzione (che richiede notevoli quantità di petrolio) allo smaltimento, passando per la fase di utilizzo. Si è scoperto che le fibre sintetiche rilasciano microplastiche nell’acqua anche durante il lavaggio.
Gli scienziati stimano che ogni anno tra le 200.000 e le 500.000 tonnellate di plastica provenienti dalle fibre sintetiche finiscano negli ecosistemi marini. Con le ben note conseguenze dell’inquinamento da plastica e microplastica.
Le possibili soluzioni alla (sfibrante) questione
La questione delle fibre sintetiche e, più in generale, dell’impatto dell’industria tessile sul Pianeta è estremamente complicata e oggetto di indagini e studi.
Non è detto che la soluzione migliore in assoluto per la tutela dell’ambiente e la salvaguardia delle risorse sia il totale ritorno ai tessuti naturali. La produzione e l’uso (lavaggio domestico incluso) di TUTTI tipi di fibre, naturali o sintetiche, hanno un importante impatto ambientale, dall’uso delle risorse alla generazione di gas serra.
E se è vero che i tessuti sintetici consumano risorse fossili e impattano negativamente sulle emissioni di gas serra e sul rilascio di microplastiche, va anche detto che la produzione di fibre sintetiche, a differenza (per esempio) di una pianta come il cotone, non consuma risorse agricole e non richiede l’uso di pesticidi o fertilizzanti. Questo, non per difendere la produzione di tessuti sintetici a prescindere (ricordiamo che la produzione richiede annualmente qualcosa come 54 miliardi di litri di petrolio) ma per ribadire come non esistano soluzioni semplici e univoche a questioni strutturali e sistemiche così complesse.
Come riporta lo studio Eionet, la Rete europea di informazione e osservazione dell’ambiente, intitolato “Plastic in textiles potentials for circularity and reduced environmental and climate impacts (puoi scaricare il PDF, in inglese, da qui): “Uno spostamento verso un sistema tessile sostenibile e circolare richiede un profondo cambiamento sistemico, che includa metodi di produzione innovativi, nuovi modelli di business e pratiche sociali, comportamenti più sostenibili e supporto politico in tutte le fasi della catena del valore”.
Tra le poche certezze che abbiamo è che in futuro la collettività dovrà differenziare in maniera consapevole anche questo tipo di prodotti, per rigenerare i materiali recuperabili.
Cosa possiamo fare da subito
Lavare a basse temperature. Il lavaggio a basse temperature contribuisce a ridurre il rilascio di microplastiche, che i tessuti rilasciano soprattutto durante i primi lavaggi.
Impostare i lavaggi con la lavatrice a pieno carico. Infatti, oltre ad abbassare i consumi, riduce l’attrito tra i capi e il conseguente rilascio di microplastiche.
Ridurre la velocità di centrifuga. Anche questa scelta consente di limitare lo sfregamento.
Evitare l’asciugatrice. Far asciugare il bucato naturalmente per evitare consumi di energia e limitare lo sfregamento.
Se vuoi approfondire le possibilità individuali e collettive già disponibili o in fase di studio per ridurre il rilascio di microplastiche durante il lavaggio dei tessuti sintetici, puoi leggere questo articolo pubblicato su Wired.it.
…E non dimentichiamo la regola aurea!
Dal momento che le ricerche suggeriscono che gli indumenti rilasciano la plastica soprattutto durante i primi lavaggi, evitiamo di rinnovare continuamente il guardaroba e cerchiamo di far durare a lungo i capi. Privilegiamo il riuso, il riciclo e, perché no, lo scambio. Noi di #IoLaButtoLì crediamo che sia una delle migliori strategie possibili per contrastare il consumo di risorse e ridurre l’impatto ambientale. Così noi facciamo la nostra parte mentre l’industria dell’abbigliamento si dovrà impegnare a riconfigurarsi in maniera sostenibile.