Il sostenibile potere dello swapping

Tra le buone pratiche per promuovere la sostenibilità ci sono il riuso, il riciclo e… lo swapping.
Cos’è? Dietro al nome swapping si nasconde il caro, vecchio, antichissimo baratto. La pratica di scambiare oggetti inutilizzati con altri prodotti o servizi, infatti, sta tornando energicamente in auge. E sotto i riflettori.
Un po’ in tutta Italia, ad esempio, si sta parlando di Habere non haberi project, l’esperimento lanciato da Marco Amorosi e Raniero Bergamaschi. Il loro obiettivo? Dopo essere partiti dallo scambio di un sasso, attraverso una serie di baratti vorrebbero arrivare a ottenere una casa,
Ci riusciranno?
Ancora non lo sappiamo ma conosciamo la storia del canadese Kyle MacDonald che, partito dallo scambio di una graffetta rossa, è davvero arrivato a ottenere una casa.
Ok, non tutte le operazioni di baratto e scambio hanno risultati così eclatanti.
Ma incentivare lo scambio fa bene al nostro portafoglio e dà una mano ENORME all’ambiente.

Hai swappato i tuoi vestiti smessi di recente?

Chi ha la passione per la moda, forse sa già che la pratica dello scambio di vestiti smessi (che è sempre esistita) si sta diffondendo sempre di più ed è diventata parecchio cool.
C’è chi organizza swap party tra amici: piccoli eventi in cui si portano abiti e accessori smessi per scambiarli con altri indumenti.
Quei pantaloni che non ti piacciono più potrebbero fare la felicità di una persona amica, entusiasta di uno scambio. E, allo stesso tempo, potresti scoprire che l’abito che a quella persona non entra più, a te calza a pennello (e ti sta alla grande!).

Ma la cosa più importante è che la pratica dello scambio sta a pennello soprattutto al nostro pianeta, dal momento che un uso più duraturo dei capi di vestiario è tra le pratiche per rendere il settore dell’abbigliamento più sostenibile.
Si stima infatti che dall’industria della moda dipenda qualcosa come il 10% delle emissioni di gas serra.
Inoltre, la produzione di vestiti richiede un massiccio uso di acqua: secondo alcuni calcoli per produrre una maglietta in cotone servono 2.700 litri di acqua dolce, una quantità che può soddisfare il fabbisogno di acqua da bere di una persona per circa due anni e mezzo.
(Vuoi approfondire? Trovi le fonti dei dati in questo articolo).
Per non parlare della dispersione di microplastiche nell’ambiente di cui abbiamo parlato qui.

Noi di #IoLaButtoLì te la buttiamo lì: perché non provi ad organizzare uno swap party, coinvolgendo i tuoi amici a scambiare i vestiti e gli accessori che non usano più?
Tu risparmi soldi, il pianeta economizza risorse ed è meno coperto dagli scarti e dai residui dell’industria tessile.
Insomma, un bello (e stiloso) guadagno globale! 😉